Per il 2025, 40° anniversario di fondazione, l’associazione ha scelto come priorità i giovani, mentre per il 2026 il focus sarà a favore delle persone che vivono in solitudine, in particolare quelle anziane.Infatti, per troppi italiani un po’ di solitudine è una condanna. Perché amplifica le povertà e le difficoltà. Con la crescita dell’età media aumenta anche la solitudine che avvolge la vita delle persone, soprattutto quelle anziane e/o con disabilità. Eurostat e Istat indicano che in Italia 9,3 milioni di persone si sentono sole e la metà di queste ha più di 65 anni. La solitudine significa essere più poveri: di relazioni, di contatti, avere meno possibilità di interazione con altri e questo tipo di povertà si aggiunge ad altre forme non solo materiali, ma che toccano varie sfere della vita delle persone: alimentare, lavorativa, sanitaria, e dei legami sociali. Non avere relazioni su cui poter contare cronicizza i problemi e spinge ad una sorta di ritiro sociale: ci chiudiamo in casa, si esce poco, non ci rivolgiamo a servizi e non condividiamo ciò che viviamo, amplificando la sensazione che quel problema sia insormontabile.Le trasformazioni sociali hanno ridotto la cerchia prossima familiare e parentale dei legami sociali, ma sono stati messi in discussione anche quelli di vicinato, amicali e i rapporti nelle comunità in cui viviamo. Tutto questo avrà un impatto anche dal punto di vista della capacità di reagire ai cambiamenti che ognuno ha nella vita: in un sistema in cui il welfare è sempre più fragile, non poter contare sul sostegno degli altri è un’ulteriore grande sfida. Istat ha stimato che nel 2043 gli anziani soli raggiungeranno 6,2 milioni, il 57,7% dei 10,7 milioni di persone che si prevede vivranno sole.
Ilario Bortolan
